Spesso si parla di idea di bambino, di concezione di bambino, l’immagine di bambino che noi adulti abbiamo. È vero queste idee costruiscono e influenzano le nostre azioni educative. Ma a ben vedere il bambino è in se libero: la relazione che abbiamo con lui, è il centro dell’esperienza educativa. Accogliere il bambino con me è, come si mostra noi, Come semplicemente gioca con una pozzanghera diventa la vera posizione da cui guardare il mondo dell’infanzia.
Il bambino ha un atteggiamento sognante rispetto l’esperienza di stare al mondo: la posizione dalla quale percepisce la realtà è centrata sul proprio corpo, sulle percezioni, sulla dimensione animistica, sulle teorie della realtà che egli si costruisce. La realtà diviene magica, abitata da presenze magnetiche cui l’animo del bambino tende. Una pozzanghera diviene l’universo intero, su cui si specchia la libera affermazione di sè.
Ed il bambino apprende la realtà proprio attraverso il sogno magico della sua onnipotenza, il gioco diviene luogo di passaggio di transizione, tra il proprio egocentrismo percettivo e la realtà che tutt’a insieme interroga i sensi del bambino, come i cerchi disegnati su una pozzanghera che vanno e vengono dai piedi del bambino.
Il bambino ha in aria trasognante, e preso dalla esplorazione del mondo delle cose che lo circondano, dalla magia di quello che prova, gode del divertimento. Il gioco è palestra di vita, non solo per quello che il bambino impara, ma per la realtà che si muove dentro di lui: la realtà cangiante della umana esistenza.
L’educazione è tutto questo, è lo sguardo dell’umano sull’umano. È quello spazio di possibilità che si apre nella relazione, e poco importa chi sia il docente ed il discente, la libera espressione di se diviene auto-realizzazione, potenzialità, e sviluppo, a condizione della vicinanza e dell’incontro con l’altro.